Le scritture inclusive di
Hermes Intermedia
​
di Ennio Morricone
Conosco Antonio Poce da oltre quaranta anni. È un compositore che unisce una brillante prepara-zione musicale alla pratica delle arti visive (dalla videografia, alla grafica; dalla calligrafia, alla pittura astratta) maturata nell’arco di moltissimi anni. Ciò spiega in buona parte come egli sia giunto ad assumere l’intermedialità come paradigma della propria ricerca estetica. La convinzione che questa costituisca la nuova frontiera dell’arte è alimentata da due certezze: la sintesi fra gli insegna-menti della tradizione e le enormi potenzialità offerte dalle nuove tecnologie, e l’orientamento verso una integrazione totale fra le stesse discipline artistiche. Il progresso prodigioso delle scienze legate alla comunicazione e, conseguentemente, l’affermazione di un pensiero estetico sempre di più declinato secondo il trattamento di “figure audiovisive”, rappresentano infatti la tendenza generale della cultura e della civiltà contemporanea, la quale perciò si dispone progressivamente alla fusione dei linguaggi e alla molteplicità delle rappresentazioni. Sulla base di questi antecedenti Antonio Poce stabilisce, dalla metà degli anni ’90, il primo sodalizio con Giovanni Fontana, poliartista giunto sulle stesse posizioni dal versante della poesia verbo-sonora e della performance, di cui è tra i maggiori esponenti in campo internazionale. L’Europa Festival di Ferentino (1995 - 2001), con la sua originalissima programmazione tematica, divenne il punto di confluenza delle più varie e appassionate sperimentazioni integrative. Musicisti, poeti, pittori, scultori, scrittori di scena e coreografi furono invitati a produrre opere originali avendo accolto come principio l’abolizione di ogni divisione fra le arti. Oltre venti Flash Opere (lavori di teatro musicale di breve durata), regolarmente commissionate e messe in scena, testimoniano la fecondità di quell’ambiente culturale, che trovava conforto nella lungimiranza degli organizzatori e nell’intelligente esplorazione estetica pianificata dalla direzione artistica. Qualche anno dopo si concretizza la felice intuizione di costituire il Gruppo Hermes Intermedia. Ciò avviene nel 2004, quando si aggiungono due giovani leve: Valerio Murat e Giampiero Gemini, ambedue diplomati in Composizione e Musica Elettronica ed attualmente docenti presso i Conserva-tori di Musica di Frosinone e Salerno. Essi contribuiscono ad una più decisa assimilazione delle nuove tecniche digitali e ad una configurazione teorica più rigorosa della stessa progettazione intermediale. La definizione degli schemi creativi si fa più accurata e più pertinente all’affinamento delle facoltà percettive. Gli aspetti di ogni singola disciplina artistica sono coniugati secondo paradigmi più aggiornati e finalizzati alle nuove strategie della composizione integrata. A tale proposito è giusto evidenziare l’impegno che il Gruppo dedica al rinnovamento della didattica. Un settore importante della loro attività per la quale è risultata certamente preziosa la lunga esperienza di insegnamento in conservatorio. In particolare a Frosinone, dove da circa dieci anni è attivo il CREA (Centro di Ricerca e di Elaborazione Audiovisiva), struttura nata all’interno del Dipartimento di Musica Elettronica, divenuto rapidamente un’eccellenza europea nel campo del trattamento del suono e della creazione audiovisiva. Ma ancor più occorre citare, quale coronamento di questo grande lavoro di ricerca e di sistemazio-ne per la didattica, il Manuale di Composizione, scritto da Valerio Murat e Antonio Poce, ormai in via di pubblicazione. Ho avuto il piacere di leggerlo in anteprima e di scriverne la prefazione. Trovo che sia un testo importante per la chiarezza teorica con la quale si affrontano gli aspetti più nascosti della composizione. I territori vasti e magmatici della creazione sono resi più agevoli grazie a “mappe di viaggio” desunte da autori del passato, non soltanto musicisti. La “scrittura audiovisiva” viene spiegata non soltanto come scelta di campo estetico, ma anche come pianificazione del lavoro creativo. La naturale “vaghezza” (la scelta del termine non è casuale, avendo individuato in Leopardi uno dei pensatori che maggiormente abbiano anticipato il pensiero moderno), che appartiene ad ogni genesi artistica, viene ricondotta sul piano di una elaborazione formale, all’interno della quale è possibile esercitare ogni controllo curando contemporaneamente l’equilibrio reciproco fra il tutto e ciascuna delle singole parti. Un discorso finalmente chiaro, che ricomprende nella prassi didattica quel segmento primario della creatività che ha inizio con il concepimento dell’idea generale, spesso eterogenea e nebulosa, fino alla sua definizione sempre più dettagliata, secondo un’articolazione schematica che ne struttura la forma e ne persegue, a passi ravvicinati, il controllo totale. Un contributo assolutamente utile che fra i suoi molti pregi possiede quello di ricongiungere il sapere della tradizione con le acquisizioni più sofisticate delle nuove scienze. Ciò consentirà di aprire scenari inediti, sia alla stessa didattica della composizione (non solo musicale) che all’arte contempo-ranea nel suo insieme, preannunciando un futuro le cui potenzialità creative appaiono assolutamente promettenti. Ho seguito fin dagli esordi la produzione artistica di Hermes Intermedia. Ricordo che mi colpì molto Nuvolari, che insieme ai due video successivi, Coppi e Berruti, costituisce una trilogia sulla natura umana di rara forza espressiva. E poi molti altri lavori, spesso sollecitati da ricorrenze (come il Centenario del Manifesto Futurista, per Pneumastolfo), da incontri con altri artisti (con il poeta Elmerindo Fiore per Diavolo Figura, e con la poetessa Ulrike Almut Sandig, per Meine Heimat), oppure da nuove esperienze o aggiorna-menti di carattere tecnico. Lavori sempre riconoscibili per la loro intensità poetica e sempre sorretti dalla medesima tensione inclusiva rispetto alle discipline afferenti. Se dovessi indicare un elemento che caratterizzi globalmente queste opere non avrei dubbi nel parlare di ‘centralità della musica’. È stata infatti la complessità che è propria della composizione musicale a spingere il Gruppo Hermes Intermedia a superare i confini delle singole arti. Essi hanno affrontato per primi il tema della “scrittura intermediale” non soltanto sul piano teorico, ma anche attraverso una pratica produttiva quotidiana, come dimostra il loro già ampio catalogo, e come è chiaramente esposto nel già citato Manuale di Composizione, dove tali opere vengono mostrate con dovizia di particolari attraverso le varie fasi della creazione. Il loro merito è proprio questo: aver elaborato una tecnica compositiva in grado di comprendere, nel medesimo contesto, materiali e figure di provenienza diversa (sia sul piano sensoriale che disciplina-re) e di integrare tutto in un solo progetto creativo. Detto questo però occorre fare subito qualche precisazione, trattandosi di un territorio artistico ancora poco studiato e pertanto esposto ad ogni sorta di luoghi comuni, quando non di equivoci fuorvianti. Innanzitutto il ruolo della musica nelle opere di Hermes Intermedia. Vi è una sostanziale differenza rispetto alla musica per il cinema, la quale svolge normalmente una funzione di commento. Un ruolo, per così dire, di servizio, poiché agisce quasi sempre su un film già montato, cioè su un’opera considerata già compiuta nella sua struttura essenziale. Tutta la produzione infatti poggia su un asse portante che è rappresentato dalla sceneggiatura, non dalla musica. Nelle opere intermediali invece le immagini possono essere considerate implicite nella musica stessa. Appartengono ai suoi paradigmi interiori, secondo una concezione integralmente “audiovisiva” della composizione. La musica appare allora nella sua piena veste di arte molteplice che, in quanto tale, impiega una scrittura tecnicamente adeguata a rappresentarne le trame e le atmosfere più evanescen-ti. Una musica che, agendo consapevolmente nel territorio della memoria, mostra di conoscerne le dinamiche e i sottili meccanismi. La centralità della musica deriva, a sua volta, dal primato del suono e della parola. Tale dimensione è anch’essa ben presente. I testi poetici utilizzati sorprendono per la loro capacità espansiva: essi producono senso apparendo di volta in volta come vocalità pura o invenzione calligrafica, avvalen-dosi tanto della vocalità performativa di Giovanni Fontana quanto delle invenzioni grafiche di Antonio Poce. Significati e segni materici che sembrano sgorgare simultaneamente dal suono della voce, prima ancora che dalla musica. Una precisazione finale necessaria: le qualità che distinguono il Gruppo Hermes Intermedia non sono generalizzabili, purtroppo. Non è questa la ricerca artistica che viene incoraggiata oggi in Italia. Musei, Fondazioni e Istituzioni per l’Arte Contemporanea sono pieni di arte concettuale. Cioè concetti o simboli invece di opere. Una tendenza, certo. Accanto ad essa tuttavia esistono ancora, e per fortuna, molti artisti per i quali la creatività e le abilità tecniche sono requisiti essenziali per essere considerati tali. In un contesto così poco confortante, anche quella parte che oggi viene proposta come videoarte, o anche videoinstallazioni, raramente propone qualcosa di veramente interessante. Nella maggior parte dei casi si tratta di lavori realizzati da dilettanti. Sia chiaro: non ho nulla contro il dilettantismo, a condizione che non sia sinonimo di faciloneria e banalità. Lo ritengo molto utile se alimenta la necessaria cultura di base per avvicinare rispettosamen-te le opere dei grandi Maestri, antichi e moderni, per comprenderle meglio nei significati più profondi e per goderne pienamente l’alto valore estetico. Viceversa lo detesto quando, con la complicità dei mezzi di informazione e di certe strutture di programmazione culturale e artistica (mai sufficientemente biasimate quando queste sono finanziate dallo Stato, proprio per l’uso improprio che esse fanno del denaro pubblico), diviene modello di riferimento, imponendo criteri di scelta e un gusto corrente i cui danni sono diffusi e difficilmente calcolabili, ma non per questo meno gravi. Concludo citando un merito di Hermes Intermedia che ritengo speciale e, in qualche modo, connotativo dello stesso Gruppo. In tutte le opere affiorano conoscenze derivanti non soltanto da una solida preparazione classica, ma anche, e molto, da quella sperimentazione musicale che ha avuto la sua massima espressione negli anni ’60-’70. Il merito consiste nel fatto di aver posto tutte le loro competenze (accademiche e sperimentali) al servizio dell’emozione e della qualità espressiva. Così Antonio Poce, Giovanni Fontana, Valerio Murat e Giampiero Gemini hanno prodotto audiovisivi indimenticabili per la loro incisività e creato un linguaggio audiovisivo di straordinaria efficacia comunicativa. Un percorso estetico nel quale io stesso mi riconosco, ritenendolo giusto nelle premesse teoriche, onesto nello sviluppo delle tecniche e ammirevole negli esiti produttivi. Il Gruppo Hermes Intermedia opera in un contesto in cui ciò che sta avvenendo ha il carattere di una rivoluzione epocale. Qui afferma la sua cifra, oltre a riaffermare autorevolmente la centralità della musica. Le sue Nuove scritture trattano contestualmente figure musicali, testi poetici e immagini in movimento, rispondendo coerentemente alle conoscenze oggi maggiormente diffuse che caratterizzano i linguaggi dell’arte contemporanea. Non è un caso che la riconfigurazione teorica dell’audiovisione nell’arte contemporanea abbia avuto come iniziatori artisti provenienti da studi musicali (era stato già così per i precursori della cosiddetta ‘videoarte’). Come non sono casuali i riferimenti ad Agostino, insieme alle continue citazioni dei pensatori che hanno anticipato il "pensiero figurale”, primo fra tutti: Beethoven. Le scritture non-lineari di Hermes Intermedia riflettono quindi fedelmente le complesse trame della contemporaneità e della memoria, rendendoci partecipi della produzione di nuovi simboli e della loro assimilazione in nuove sintassi audiovisive. Un’attività feconda, tutta protesa nel divenire, che ci sorprenderà ancora con i suoi chiarimenti teorici, e che soprattutto non mancherà di emozionarci con le sue sintesi poetiche.
ENNIO MORRICONE